La costruzione del Feudo di Faiano consta di tre Bolle (BOLLA PAPALE: lettera del Papa, compilata con determinate forme ed autenticata col sigillo pontificio nella cancelleria apostolica) dare ciascuno dai Sommi Pontefìci: nel 1138 da Innocenzo II; nel 1167 da Alessandro III, nel 1188 da Clemente II. Nel Vol. XXI dell’Archivio Arcivescovile di Salerno si legge che nel 1163 Guglielmo II a petizione di Romualdo II, donò a questi e ai suoi successori “Montecorvino con tutti i suoi territori e pertinenze… e quindi pure il Feudo di Faiano”. II Monastero di S. Benedetto di Salerno possedeva Faiano “cum casalis et pertinensis suis…”. Nel 1482, Ferdinando I d’Aragona lo restituì a beneficio di suo figlio il Cardinale Giovanni d’Aragona, come Commendatario (attributo di uno che ha avuto in uso un beneficio) della Badia e per i suoi Abati successori in perpetuo. Nel suddetto Feudo la Regia Badia di S. Benedetto esercitava la giurisdizione civile criminale e mista. Gli Abati della Badia del Feudo erano beneficiari, in quanto Commendatari, dei terreni irrigui nell’Agro di Faiano, e chiedevano ai possessori le prestazioni e le decime per i territori che essi coltivavano nel Feudo. Nel 1544 fu redatta PLATEA (piantina planimetrica) del Feudo di Faiano che era cosi configurato: “dal bosco nominato la Foresta, le sue acque perenni, il Molino a grano, le Mortelle, il Palazzo, la chiesa intitolata a S. Giuliano, diverse altre Chiese dirute poste in diverse parti del Feudo, certe case a Lamia vicino al Palazzo (Le Lamie, dove dimorò il console Lucio Lamia, che dopo aver parteggiato con Cicerone contro Clodio, verso il 60-50 a. C. fu esiliato dal console Gabinio a stare lontano da Roma “millia passun ducenta” un mulino che macina mortelle, le terre seminatorie’. II Serfìlippo ricorda tra i luoghi di culto alcune Cappelle gentilizie e pone l’accento su quella che esisteva nel fondo dei Serfìlippo, suoi avi, alla attuale Torricella di Faiano, nei pressi della Chiesa Parrocchiale con affrescato nell’abside il Padreterno e ai lati due angeli in atto di adorazione. Si passa poi a descrivere i confini del Feudo: “E si disse che verso settentrione, come acqua pende verso il mare, esso confinava con tre montagne: la Montagna della Maddalena (dov’era una chiesa diruta), Montecaruso e la Montagna della Foresta. Verso est confinava coi patrimoni di Santa Tecla all’altezza della montagna della Foresta, da cui scendeva un Vallone che lo separava dai beni del quondam Francesco Tirone, poi col Vallone dell’Asa fino al mare. A ponente confinava cominciando dalla detta montagna della Maddalena scendendo verso Giffoni fino alla fontana del salice presso i beni di santo Spirito al vallone esistente fra detti beni e e serrone Mundo, quindi da questo a un altro vallone nominato Siscaritolo (che porta a Capitignano Casale di Giffoni) fino a scendere a mare.
II vasto territorio di Faiano era diviso in due parti dalla Strada Regia (si tratta della vecchia Consolare costruita il 132 a.C. partendo da Porta Elina a Salerno per congiungersi a Paestum) che da Salerno mena a Eboli, tra il Ponte di Cagnano e il ponte sul fiume Asa, sul medesimo territorio si trovavano le case rurali per “comodo dei poveri” e nella parte superiore il Palazzo Badiale e la Chiesa di S. Giuliano.
Descrive anche “le aeque perenni”: “A piede del monte Caruso sorgeva un’acqua chiamata l’acqua della Frestola, la quale quasi subito che alla sorgiva si divide in due corsi: il primo animava il mulino della Badia posto poco al di sopra delle Lamie e dopo un lungo cammino si versava in quel vallone dove scorreva l’acqua della fontana del Salice e quel vallone scorrendo passava sorto al ponte del Siscaritolo e si congiungeva al fiume Picentino…, l’altro corso della Frestola passava in traverso della Strada Regia e si congiungeva col fiume Asa”.
Per tale abbondanza di selve e di acque, il Feudo e ricordato a quei vecchi tempi anche come ricco di cacciagione nobile, quali la starna e la pernice e finanche il lupo e il cinghiale.
Il Feudo aveva anche molte vie: 1a Strada della Foresta che attraversava Faiano da Ponente a Levante, e si divideva in due rami, uno proseguiva verso Faiano l’altro, Stradella della Foresta, incontrava l’Asa ai Ponti Rotti (un vecchio ponte che si trovava a circa mezzo miglio a nord del ponte attuale sull’Asa). Dalla Strada Regia si diramavano altre due strade, una prima del Ponte di Cagnano e una poco prima del ponte dell’Asa che portavano al Casale di S. Tecla. Di queste due vie, la prima si divideva in due rami, uno passava sul Siscaritolo e portava a Faiano e una aCapitignano, l’altra passando davanti al Palazzo Badiale, per le Lamie ed il Colle della Maddalena portava ad Ornito. La seconda via che nasceva al ponte dell’ Asa si chiamava Via della Scontrafata attraversava la foresta e portava a S.Tecla. Vi era poi una terza via che partiva dalla Strada Regia di fronte alla Taverna di Spaccapantano (dove oggi si trova il Palazzo sito tra C.so Umberto e Via S. Francesco) e si congiungeva alla via del Ponte di Cagnano. I[ Feudo di Faiano aveva le seguenti contrade site nella parte superiore: Iscacupa, Viscito, Pontirotti, Paternostro, Scontrafata, Selce, Stradella, Mogale, Filetto, Licenuso, Cirillo, Gaudo, Frestola, Magliano, Faiano, Arbusta, Vellata, Palma, Doroicato, Vicenza, Siscaritolo, Pratello, Prato, Sardone, Acquara, Colle della Maddalena, Casinella, Limiti, Tofara, Difesa dei Pozzi, Molino, Lamie vicino al Palazo, Giardiniello, Fellacosa, Acqua Bianca, Vignavetere, Scarzo, Carpinelli, Metrite, Aire alle Fratte, Sferracavallo. Le contrade a valle della Strada Regia erano: Asa, Matina, Macchiasecca, Ponticello, Tangareta, Lauri, Auteta, Puzzo, Dentiferro (dove nel 1889 risulta esservi una stazione di monta in un locale offerto gratuitamente dal cavaliere V.Conforti al veterinario A. Olivieri), Taverna Penta, Le Temane, Forcella, Petraina, Strada, Tavernulo. Nel 1792, regnante Ferdinando IV la Badia fu concessa in governo ed amministrazione perpetua al Principe di Tarsia Fabrizio Spinelli, Cavaliere dell’insigne Regal Ordine di S.Gennaro. Allora Faiano contava 300 abitanti.
Nel 1795 Faiano, Comune di Principato Citeriore, contava 312 abitanti (Alfano, II Regno di Napoli, 1795)
Negli anni 1807, 1815 e 1820 il Censimento nomina solo il Casale di Faiano. Pontecagnano cominciò a costiruirsi verso il 1806/1809. Nel 1820 Montecorvino Pugliano si staccò da Rovella andando a formare con S. Tecla, Pontecagnano e Faiano un Comune a se. Nel 1843 il villaggio di Pontecagnano viene nominato con il suo vero nome, quando 1’Arcivescovo di Salemo propone di erigere “nuova Parrocchia nel Ponte di Cagnano ove si è formato il villaggio”. Nel 1854 sul Giornale dell’ intendenza di Salerno si rileva che Faiano conta 670 abitanti e Pontecagnano 587. Grazie alla tenacia ed alla perseveranza di alcune splendide figure storiche il 18 giugno del 1911 Pontecagnano Faiano, con Regio Decreto assunse dignità di Comune grazie al fattivo ed incomiabile impegno di AMEDEO MOSCATI, primo sindaco di Pontecagnano Faiano. ”
La Chiesa di San Benedetto
Come Parrocchia S.Benedetto fu edificata da Ferdinando IV di Borbone.
Nel 1790 che vi fece erigere la torre campanaria, la sagrestia e la congrega al primo piano. I briganti ne bruciarono il portale nel 1864.
Nel 1900 dopo 9 anni di duro lavoro ed il generoso contributo del popolo (si narra che ogni faianese che andava a Messa portava un mattone per la costruzione) Mons. Laspro con rito solenne benedice la nuova Chiesa di stile neogotico. Nel 1903 si inaugura la campana di 13 q.li, che per poter essere fissata furono utilizzati buoi da tiro il cui punto di tiro coincidette con la discesa di Baroncino
La Chiesa di stile neogotico è composta di un unica navata a pianta rettangolare con pareti scandite da lasene con capitelli corinzi; altissimo il tamburo, dalla cornice aggettante su cui è la verticale dagli ampi finestroni.
La Chiesa è consacrata alla Madonna del Carmine.
Il “Padre Eterno” dimenticato
E’ il rudere di una chiesa quello che si vede camuffato dalla boscaglia e dalla sterpaglia, facilmente confuso per qualche casolare diruto, situato su uno dei due lati della via C.Pisacane (le cosiddette due vie), in direzione Torricella. Era un’antica cappella gentilizia situata nel fondo della famiglia dei Serfilippo. Grande dovette essere la sua importanza come luogo di culto se nel secolo x, Gisulfo, Principe di Salerno, nella chiesa allora esistente ebbe cura di farvi dipingere un affresco.Il popolo la denominò “PADRETERNO” parchè in una cona della parete era raffigurato l’Eterno Padre con due angeli in adorazione, e un discendente dei Serfilippo, dalle lettere non ancora corrose del tempo ne ricavava la dedica “Gisulphus Salernitorum Dei gratia Princeps aedem Trinitati erigi fecit (Gisulfo,principe di Salerno fece erigere per volontà di Dio una chiesa alla Trinità). Si sarebbe potuto salvare o meglio salvaguardare questo piccolo “aedis”, che è pur sempre un reperto storico e un bene culturale di Faiano poi… strappandolo alle erbacce e restituendolo “almeno” alla vista e alla memoria collettiva dei faianesi. Dietro la facciata della Faiano moderna con le sue nuove costruzioni ce n’e’ una antica che e’ passata attraverso i secoli e che e’ testimone della storia a cominciare dai popoli del Gaudo, dagli Etuschi, dai Picentini fino ad arrivare all’alto Medioevo con gli Aragonesi che ne fecero un centro religioso e spirituale, donando il feudo nobiliare di Faiano alla Badia di S.Benedetto di Salerno.Rimangono poche tracce visibili di un passato glorioso e la documentazione letteraria e’ scarsa o quasi inesistente, ma non spegniamo il ricordo perchè siamo figli della storia.
Notizie tratte dalla pubblicazione di Pasquale Pellegrino “Picentia, e il feudo di Faiano” (1972) e da manoscritti di Giuseppe Isidoro Tasso.